Medioevo e Età Moderna
A Morazzone non c’è stata una vera e propria rottura fra il Medioevo e l’età moderna, tanto che alcuni dei suoi personaggi più in vista si collocano sia al di qua che al di là di questa linea immaginaria.
IL MEDIOEVO
Data la mancanza di qualsivoglia documentazione riguardante l’Alto Medioevo (Morazzone, facente parte della pieve di Castelseprio, deve aver avuto un ruolo di secondo piano durante gli avvicendamenti fra i barbari invasori del tardoantico, i Longobardi, i Franchi e la nascita dei Comuni), il primo documento attinente la cosiddetta “età di mezzo” risale al 1179, quando in una carta venditionis appare il nome del fideiussore Guido de Morentiono e qualche anno più tardi (nel 1195), sempre in un contesto di compravendite, si legge di un certo Alberto Venerio de Morentiono, qualificato come possidente di alcuni appezzamenti terrieri.
Le più antiche informazioni inerenti alla sfera religiosa datano invece 1191, anno della morte di Adalbertus de Morentiono, registrato in un obituario del capitolo della collegiata varesina e -vero motivo di interesse- definito presbiter, ovvero una sorta di antecedente del parroco che, a nome dell’arcivescovo, si dedicava alla cura delle anime del paese.
Nel 1200 abbiamo alcune personalità laiche come Ubertus de loco Morenzono (nel 1257 teste in un documento di assegnazione di terre) e Jacobus Morenzonus che, oltre ad essere ricordato per i suoi incarichi di consigliere e procuratore, viene menzionato in un elenco di 2000 cittadini milanesi che nel 1266 giurarono obbedienza alla Santa Sede; oltre a lui compaiono altri tre compaesani quali Maifredus, Ambrosius e il curioso Morenzonus de Morenzono.
Da annotare infine la figura di Guglielmo de Morenzono, un frate che nel 1264 viveva nel monastero di Ganna.
Tra la fine del ‘200 e per tutto il ‘300 gli unici dati a disposizione sono recuperabili in alcune opere compilative che forniscono importanti dettagli in merito all’architettura e alla conformazione del nostro territorio.
In primis vi è il Liber Notitiae Sanctorum Mediolani, un catalogo delle chiese e degli altari della diocesi di Milano attribuito a Goffredo da Bussero (1220-1289) ma compilato da un anonimo trascrittore agli inizi del XIV secolo: grazie a questa fonte si apprende che a Morazzone esistevano già tre chiese (Santa Maria Maddalena, Santa Maria Madre e San Pietro) e con ogni probabilità ce n’era anche una quarta, quella di Sant’Ambrogio qui non riportata poiché gli edifici intitolati al Santo dovevano essere contenuti in una seconda pubblicazione sfortunatamente andata perduta.
Gli Statuti delle strade e delle acque del Contado di Milano, redatti nel 1346, annotano la lunghezza delle vie selciate delle città e dei paesi afferenti al Contado milanese e Morazzone risulta avere una rete stradale di 151 braccia (circa 89 metri), una cifra di tutto rispetto specie se messa a paragone con i villaggi del circondario.
Un altro indizio delle buone condizioni socioeconomiche del periodo proviene dalla Notitia Cleri Mediolanensis de anno 1398, un codice dove venivano appuntati i redditi degli enti ecclesiastici della pieve: la capella de Moranzono (molto probabilmente Sant’Ambrogio) difatti si pone fra quelle dotate dei proventi più cospicui.
Nel 1454, un atto di investitura di beni in affitto compiuto in favore del massaro Ambrogio detto Tachino costituisce la prima testimonianza della rettoria di Morazzone, amministrata dal sacerdote Cristoforo Castiglioni: egli, rettore e titolare del beneficio della chiesa di Sant’Ambrogio, è considerabile come il primo parroco del paese, residente e regolarmente nominato, i cui compiti implicavano doveri pastorali come officiare messa, predicare e celebrare i sacramenti.
Ulteriore conferma dell’esistenza della rettoria arriva da un secondo documento di investitura di beni del 1487, nel quale il nuovo rettore Bernardo da Morazzone concede in affitto i beni parrocchiali a Giovanni da Besnate detto di Morazzone.
ETA' MODERNA
A Morazzone non c’è stata una vera e propria rottura fra il Medioevo e l’età moderna (convenzionalmente posta nel 1492, anno della scoperta dell’America) tanto che alcuni dei suoi personaggi più in vista si collocano sia al di qua che al di là di questa linea immaginaria.
Infatti, tra XV e XVI secolo, il paese vede l’ascesa dei cosiddetti “Castiglioni di Morazzone”, un ramo collaterale della famiglia di Castiglione Olona, la cui figura più nota era senza dubbio il cardinale e mecenate umanista Branda Castiglioni.
La linea presente sul nostro territorio, oltre ad avere “fornito” numerosi parroci, ha annoverato rilevanti figure in ambito civile, specialmente nella prima metà del ‘400 con Giovanni il Sozzo, suo fratello Pietro e il figlio Gabriele. Gli ultimi due in particolare hanno svolto un ruolo di grande importanza in uno degli eventi più drammatici e turbolenti mai capitati alla famiglia, ovvero l’occupazione armata della fortezza castiglionese per mano di Filippo Maria Visconti di Albizzate durante la breve esperienza della Repubblica Ambrosiana (1447-1450): è proprio l’arciprete metropolitano Pietro ad occuparsi del reperimento del denaro atto a riavere il castello, come pattuito con il nuovo duca di Milano Francesco Sforza e, fra i firmatari dell’atto notarile del 4 marzo 1451, compare anche Gabriele, figlio di Giovanni, nipote di Pietro e bisnonno di Bartolomeo, futuro parroco dal 1548 al 1580.
Nei due secoli successivi i Castiglioni hanno continuato a mantenere una posizione di primo piano a Morazzone sia nell’ambito economico sia in quello sociale: a riprova vi sono una lunga serie di documenti dove i rappresentanti di questo ramo appaiono insigniti di titoli nobiliari e certificazioni della loro ricchezza e status sociale.
Nel ‘500, accanto ad un’interessante documentazione relativa alla situazione economica (il Perticato rurale del 1558 restituisce la fotografia di un areale di 7000 pertiche diviso in 73 proprietà, delle quali le più estese appartenevano agli enti ecclesiastici) e a quella demografica (in primis gli “stati d’anime” del 1574 e del 1597), troviamo i fondamentali atti delle visite pastorali, fonti insostituibili per la conoscenza dell’architettura delle nostre chiese nonché per apprendere più da vicino una notevole mole di informazioni in merito alla vita religiosa e civile della popolazione.
L’età Borromaica (1565-1631) fu poi foriera di un’altra svolta notevole in campo religioso: nel 1582 Carlo Borromeo, avendo constatato il grave stato di abbandono degli edifici sacri di Castelseprio, ordinò il trasferimento della prepositura a Carnago, togliendo così Morazzone dalla dipendenza ormai secolare dalla chiesa plebana di San Giovanni.
Il rinnovato sentimento di “pulizia spirituale” nato in seguito alla visita del grande Cardinale favorì inoltre l’istituzione di due confraternite, dedicate rispettivamente al Santo Rosario (1578) e al S. Sacramento (1583): queste associazioni, di natura laica ma con finalità religiose, si impegnarono in numerose attività a sfondo assistenziale e risultarono di enorme aiuto fungendo da collante fra il clero e la gente comune.
Infine, a cavallo fra ‘500 e ‘600, non si può non menzionare l’operato di Pier Francesco Mazzucchelli detto “il Morazzone”, colui che più di ogni altro ha dato lustre al nostro borgo grazie all’eccelsa qualità pittorica delle sue opere, lodate già dai suoi contemporanei e divenute nel tempo fra le più apprezzate del Seicento lombardo.
Tra 1640 e 1747 i dati a disposizione sulle chiese calano drasticamente (le visite pastorali e i conseguenti verbali sono scarni e privi di spunti inediti), pertanto bisogna rivolgersi di nuovo alla sfera civile: dalla seconda metà del XVII fino a tutto il XVIII secolo si ravvisa il progressivo decadimento dei Castiglioni a vantaggio della famiglia Parrocchetti (noti allora come Paruchetti o Peruchetti): l’atto che sancisce la loro preminenza risale al 17 giugno 1649, quando viene fondata una cappellania da Giulio Peruchetti per celebrare una messa quotidiana da far officiare nella parrocchiale di Sant’Ambrogio, la cui ricca consistenza è chiaro indizio dell’agiatezza del suo promotore.
Per tutto l’arco di tempo citato (seconda metà del Seicento e in generale l’intero Settecento) i Parrocchetti conservano la loro influenza in ambito socioeconomico e come testimonianza si possono citare le cifre del Catastrino (un documento formato dall’elenco dei proprietari terrieri e dall’estensione delle proprietà del Ducato di Milano), redatto a scopi fiscali fra il 1751 e il 1758: in esso si legge che a Morazzone la famiglia possedeva 1683 pertiche su un totale di 8000, dunque erano in possesso del 21% dell’intero territorio comunale.
In parallelo, nel 1647 il governatore di Milano don Bernardino Fernandez, a nome del re Filippo IV di Spagna, pubblica il documento che mette all’asta le terre infeudate di Morazzone assieme all’offerta del titolo comitale: ad interessarsi è Giovanni Battista Terzaghi che firma il contratto il 19 agosto dello stesso anno e il 22 presta giuramento, venendo così insignito del titolo di conte di Morazzone.
Non ci sono notizie sui suoi rapporti diretti con il paese e pertanto si può ipotizzare che lui e i diretti successori si siano limitati a riscuotere le imposte feudali tramite un agente o un procuratore.
La proprietà passò di volta in volta all’erede designato fino agli ultimi anni del secolo, quando venne sancita la definitiva abolizione del sistema feudale: per quanto attiene lo stato di Milano, fu l’editto della municipalità del giugno 1796 a comportare l’estinzione di una pratica ormai avulsa dalle regole della società moderna.
L’ultimo evento di rilevanza per quest’epoca è la visita pastorale del Cardinale Giuseppe Pozzobonelli, compiuta il 7 giugno del 1747: grazie ai verbali, comprensivi di numerose informazioni sugli aspetti religiosi, economici e sociali, si ottiene un quadro preciso e nitido sullo stato delle chiese e del clero durante il secolo dei lumi.