Gli scavi archeologici sulla collina della Maddalena
Il ritrovamento di epigrafi romane e i riferimenti delle fonti testimonianti l’antichità della chiesetta hanno condotto l’amministrazione comunale a realizzare uno studio specifico del sito della Maddalena
Pertanto, nel dicembre del 1991, il Comune (in accordo con la Soprintendenza Archeologica della Lombardia e con l’assenso della Parrocchia, proprietaria del bene) ha fatto svolgere delle prospezioni geofisiche per stimarne il potenziale archeologico.
Visto l’alto numero di anomalie riscontrate (indicanti la presenza di oggetti nel terreno), si è dunque deciso di intraprendere un’analisi approfondita della sommità della collina e della superficie interna della chiesa.
Il dato fondamentale emerso dalle indagini archeologiche è che la chiesa non fu la prima costruzione in loco, in quanto essa era stata edificata al di sopra di una necropoli appartenente a uno o più gruppi famigliari di epoca romana (I secolo d.C.).
Le campagne di scavi del biennio 1992-1993 hanno riportato alla luce, all’interno della chiesa, tre tombe romane ad incinerazione: la più importante (formata da una struttura quadrangolare in laterizi e con una lastra di pietra come fondo) doveva avere in origine un ricco corredo ma ciò che si è trovato ammonta solo a qualche frammento di ceramica a pareti sottili della prima metà del I secolo d.C.
La seconda, costituita da una struttura a cassetta di laterizi, all’interno conteneva un’urna con ciotola-coperchio, un’olla, un bicchiere (poculum) e due balsamari vitrei, mentre la terza si presentava sotto forma di anfora segata (tipo Dressel 6/B) infissa nel terreno a mo’ di cinerario per custodire i resti combusti del defunto. Era inoltre coperta da una coppa-coperchio e al suo fianco sono stati trovati una seconda olla, un piatto e una coppetta in terra sigillata e un coltellino in ferro; nella stessa sepoltura, all’esterno dell’anfora, c’erano due balsamari in vetro, un’olla, una ciotola con versatoio, un olpe e un bicchiere, tutti elementi confrontabili con materiali rinvenuti nella vicina Angera di epoca claudio-neroniana.
Analizzando i numerosi frammenti provenienti dagli strati delle fasi di abbandono della necropoli e da quelli riguardanti la struttura della prima chiesa medievale, è possibile dire che l’area mantenne una funzione cimiteriale costante fino al Tardo Antico (III-VI secolo d.C.): i depositi di abbandono hanno infatti restituito frammenti di ceramica comune da fuoco (III-IV secolo d.C.), una porzione di bottiglia con un orlo a sezione triangolare (IV-V secolo d.C.) e altri frammenti pertinenti a olle con orlo verticale assottigliato, cordone e tacche trovati in associazione ad olle ovoidali con orlo a fascia a forma di mandorla; quest’ultima forma è documentata in area varesina e nel Canton Ticino in contesti che vanno dalla fine del III all’inizio del VI secolo d.C.
Sulla necropoli romana venne edificata una chiesetta monoabsidata ad aula unica: gli scavi hanno fatto riemergere, al suo interno, quattro sepolture ad essa coeve tutte orientate est-ovest; la più importante era posta lungo l’asse sud a destra dell’altare mentre le altre tre, allineate e parallele fra loro, erano tagliate dalla fondazione del muro di facciata della chiesa e questo fa capire che deve esserci stata una modifica architettonica dell’edificio, andato a sovrapporsi alle tombe in questione.
Secondo l’ipotesi della Dott.sa Valeria Mariotti, la prima fase storico-architettonica della chiesa doveva comprendere l’abside orientata ad est, la tomba privilegiata presso l’altare e le tre sepolture allineate in corrispondenza della facciata, poste all’esterno e forse sotto un portico. La seconda fase comportò invece un allungamento della facciata che causò con il nuovo taglio di fondazione la distruzione parziale delle tre tombe affiancate.
In merito alla presenza o meno di un portico, vi sono alcuni raffronti in chiese rurali svizzere del VII e VIII secolo d.C. e l’utilizzo di tale area doveva essere funzionale ad ospitare le sepolture di eminenze o di benefattori, come da tradizione paleocristiana.
La campagna di scavo del 2007
Nel giugno del 2007 è stata effettuata una nuova campagna di scavi volta ad approfondire i risultati degli anni ’90, focalizzandosi in particolare sull’area antistante l’ingresso della chiesa.
La fascia indagata è stata identificata come un accumulo di terreno e macerie riferibile alle fasi di demolizione dell’edificio negli anni ’60 e, al di sotto di questo strato di terreno, sono state riportate alla luce sulla facciata sei sepolture ad inumazione, affiancate e orientate est-ovest e pertanto allineate con l’asse maggiore della chiesetta.
Le tombe Tb.1 e Tb. 2 erano prive di copertura, con il fondo in terra battura e una struttura in pietre e ciottoli legati da malta.
La Tb. 3, munita di una copertura in lastre di pietra, non conservava alcun oggetto di corredo ma lo scheletro in essa contenuto era ancora in buone condizioni: trovato in posizione supina, il soggetto era una donna di razza caucasica, alta circa un metro e mezzo e di un’età compresa fra i 27 e i 50 anni.
La Tb. 4, parzialmente manomessa in antico, aveva una struttura in pietre, ciottoli e malta mentre la Tb.5 -una fossa in nuda terra- ospitava i resti ossei di quattro scheletri e l’unico manufatto di una certa importanza, ossia una fibbia in bronzo bassomedievale (dai confronti con un esemplare rinvenuto presso il Castello di Ripafratta a San Giuliano Terme si può proporre una datazione dal XIII secolo d.C.).
Infine, la Tb. 6 aveva anch’essa una struttura in pietre, ciottoli e malta con uno scheletro in pessimo stato di conservazione.
Gli scavi sono poi proseguiti nel prato a ovest della collinetta anche se l’unico elemento di interesse archeologico, sito ad una profondità di 60-70 cm dal piano di campagna, è la fondazione di un muro orientato est-ovest, largo 40-45 cm, lungo 7 m e formato da pietre legate tramite argilla: non sono disponibili dati cronologici sicuri e pertanto si può solo ipotizzare che si tratti di un muretto di recinzione di un appezzamento di terreno.