Garibaldi e l'età contemporanea

Garibaldi e l'età contemporanea

L’episodio più noto dell’intera storia morazzonese è sicuramente la battaglia svoltasi il 26 agosto del 1848 fra i garibaldini e gli austriaci, uno dei tanti tasselli componente il mosaico delle lotte per l’indipendenza italiana.


La prima fase della Prima Guerra d’Indipendenza si era interrotta il 9 agosto con la firma dell’armistizio di Salasco, ma Garibaldi non aveva accettato questa tregua decidendo di continuare le operazioni militari nel Varesotto.
Durante una breve permanenza a Varese tre il 18 e il 19 dello stesso mese, arrivarono voci sempre più insistenti dell’approssimarsi di forti contingenti austriaci e pertanto il generale optò per lasciare la città, disponendo i suoi soldati sulle alture soprastanti Induno Olona e al contempo inviando pattuglie e vedette che perlustrassero i dintorni.
Nei giorni seguenti, le schiere garibaldine si spostarono continuamente in diverse località della provincia (Avigno, Casciago, Gavirate, Gemonio), mentre gli austriaci il 21 entrarono a Varese con un battaglione sequestrando armi e viveri alla popolazione.
Il 26 agosto, verso le 13, le sue truppe salirono a Casale Litta e con due guide procurate da Carlo Moroni (un abitante del luogo) lasciarono il paese in direzione di Crosio, Caidate e Brunello per arrivare infine a Morazzone alle cinque di pomeriggio.
La controparte, su comando del generale D’Aspre, il 25 aveva invece osservato una giornata di riposo sul piano militare preferendo intensificare il pattugliamento in cerca del Condottiero: D’Aspre era infatti convinto che Garibaldi fosse ormai accerchiato ed esposto ad attacchi su più fronti, senza una reale possibilità di fuga. Un tale ottimismo era giustificato dal fatto che gli austriaci avevano sotto controllo Laveno e Luino (quindi la zona settentrionale del Varesotto), Sesto Calende e l’areale circostante erano ben presidiati così come Varese e pertanto anche le vie verso est e verso sud erano bloccate.
Il 26 mattina la manovra austriaca ripartì muovendo le proprie brigate in modo tale da circondare Garibaldi nella zona dove era stato segnalato, ovvero Osmate-Travedona-Varano: l’idea era senz’altro giusta, però l’Eroe dei due mondi si trovava già a Casale Litta e ciò fece perdere spazio e tempo prezioso ai nemici; D’Aspre, a capo della Schwartzenberg, all’altezza di Monate ricevette la comunicazione che il suo rivale muoveva verso Caidate e Gazzada e dunque ordinò ai reparti della Simbschen stanziati a Varese di uscire dalla città e di portarsi verso Malnate mentre altre truppe andarono a Bizzozzero e Gazzada.
Il generale Simbschen, comandante la brigata, avanzò con un battaglione del Reggimento di fanteria Graf-Kinsky, due cannoni e uno squadrone di ululani Kaiser (600-700 uomini in totale) giungendo a Malnate alle 16 ma solo un’ora dopo il primo tenente Wlasits gli riferì la necessità di recarsi immediatamente a Gazzada passando per Schianno. Simbschen, lungo il percorso, venne avvertito che Garibaldi sostava a Morazzone e decise che quello era il luogo giusto per sferrare un attacco; anche la Schwartzenberg, saputa la notizia, cambiò rotta e marciò verso Gazzada (facendo la strada Monate, Travedona, Cazzago, Daverio, Azzate) con due battaglioni, un battaglione a cavallo e uno squadrone.   
Erano ormai le 19 quando l’avanguardia austriaca guidata dal capitano Rothmund, senza essere intercettata dalle sentinelle (sulle quali grava il sospetto di tradimento), sbucò nei pressi del cimitero: le vedette e i drappelli garibaldini posti a guardia dell’ingresso del villaggio, incalzati dagli uomini di Rothmund e dal grosso dell’esercito comandato dal capitano Theiss (avente il compito di attaccare il fianco sinistro italiano), sbandarono e si precipitarono verso l’interno.
Garibaldi, in quel momento all’estremità nord di Morazzone, non appena udì il frastuono fece ricomporre le file e imbastì un contrattacco tale che gli austriaci furono costretti ad interrompere l’inseguimento e, per il sopraggiungere di altri volontari, si ritirarono al termine dell’ennesimo tentativo fallito di avanzata verso il cuore del paese.
Tutto questo si verificò lungo la tortuosa via principale diretta da nord a sud, nel tratto che dall’ingresso dalla parte di Schianno si snoda fino alla chiesa.
L’assalto improvviso fece sì che i garibaldini si dettero da fare per erigere in fretta e furia delle barricate al fine di sbarrare le vie d’accesso: gli avversari respinti, ora ai piedi del colle, come reazione fecero portare avanti i cannoni e aprirono il fuoco sulle case della cerchia esterna e inoltre, dopo circa un’ora e mezza dall’inizio delle ostilità (alle 21), sopraggiunsero da ponente con il reggimento Kaiser il generale Schwartzenberg e il feldmaresciallo D’Aspre. Questi, con una batteria di cannoni e reparti di cavalleria, volevano proseguire l’attacco al villaggio ma una cupa notte era ormai scesa e così, con la resistenza asserragliata che sparava dalle case e la brigata Simbschen indebolita, decisero di fermarsi facendo retrocedere le truppe in posizioni più sicure a Bizzozzero e Gazzada/Azzate.
A notte inoltrata si tenne un consiglio di guerra nel quale Garibaldi constatò la necessità di una ritirata, da compiersi nel più breve tempo possibile in modo tale da fuggire attraverso le maglie delle pattuglie nemiche.
Verso le 23, riordinate le compagnie, il generale si incamminò lungo una stretta stradina che era stata precedentemente barricata (l’attuale Vicolo Callini) e, avendo bisogno di una guida, prese in ostaggio il parroco locale Bernardino Sala: egli fu poi lasciato a Lissago mentre i fuggiaschi continuarono la loro marcia fino a che non riuscirono a riparare nella vicina Svizzera.
La “battaglia di Morazzone” si concluse dunque senza un vero vincitore e seppure il bilancio delle perdite fu più grave per i garibaldini (7 morti contro i 3 austriaci) e la sorte giocò un ruolo determinante (il sopraggiungere dell’oscurità in primis), questo episodio è divenuto in seguito una valorosa testimonianza dello spirito patriottico che animò gli italiani del tempo, nonché una preziosa tappa nel glorioso cammino verso l’indipendenza dalla dominazione straniera e la creazione del Regno D’Italia.


L’età contemporanea: 


Morazzone tra fine ‘800 e primi anni Duemila 
 
Il post-Garibaldi (e la successiva creazione del regno d’Italia) vede Morazzone assistere alle grandi vicende nazionali con un ruolo di secondo piano, in qualità di un piccolo centro posto lungo le vie di comunicazione ruotanti attorno a Milano e Varese. Negli ultimi anni del XIX secolo fino alla metà del XX, in paese si verifica la progressiva affermazione nel sociale dell’Opera Pia Castiglioni, l’istituzione voluta da Don Eugenio Castiglioni che è stata fondamentale nell’aiuto e nella cura dei più 
bisognosi dell’epoca. L’ospedale, fondato dal sacerdote con testamento redatto nel 1875, ha iniziato a funzionare a partire dal 1881, quando il parroco locale (concorrente alla gestione della struttura) era Don Rocco Gilardini: nelle disposizioni lasciate dal Castiglioni si legge che la casa morazzonese di sua proprietà doveva essere convertita in una 
 “infermeria”, nella quale ricoverare i “più miserabili” abitanti aventi domicilio continuato da cinque anni. In base allo statuto, la gestione era affidata alla Congregazione di carità, ma l’amministrazione e l’erogazione dei redditi erano a cura del parroco pro tempore, responsabile anche della direzione dell’ente. L’impianto ospitava malati della sola Morazzone ed escludeva unicamente chi era affetto da patologie particolari che non potevano essere adeguatamente trattate in loco; disponeva di otto letti e due infermerie, mentre una parte del fabbricato fungeva da abitazione del coadiutore del paese che si occupava anche dei compiti di segreteria. 
L’Ospedale Castiglioni, precursore dei moderni istituti di cura, ha quindi avuto un importante valore sociale e ha traghettato il paese nel ventesimo secolo continuando a fornire un insostituibile contributo alla popolazione fino (e oltre) il 1949, anno in cui è diventato un ente morale con servizi di assistenza sociale e residenziale. 
 
Dall’ultimo decennio dell’800, il paese si è gradualmente incamminato verso la modernità dotandosi negli anni dei collegamenti e delle infrastrutture imprescindibili per rimanere al passo coi tempi e per saper rispondere al meglio alle esigenze della nuova società. Partendo dalla messa in opera della strada Morazzone – stazione di Gazzada (l’odierna provinciale SP20) nel 1891, il nostro territorio ad inizio Novecento si arricchisce della presenza degli edifici scolastici (l’asilo e le scuole elementari, 
quest’ultime sorte fra il 1913 e il 1914 nell’allora Via XX Settembre, oggi Onofrio Belloni) e dell’Ufficio Postale con annesso il telegrafo, aperto nel febbraio del 1913. Dopol’incubo delle due Guerre Mondiali, la popolazione morazzonese riparte e al contempo affronta il non facile passaggio da un’economia prevalentemente agricola 
ad una di stampo artigianale/industriale. Il Dopo Guerra vede la realizzazione dell’acquedotto comunale (1950-1953), la posa della prima pietra della Grotta di Lourdes (1958) 
 ubicata nel cortile di quello che sarebbe poi diventato il nuovo oratorio- e la fondazione nel 1959 della Pro Loco, avente il compito di svolgere attività riguardanti il turismo, lo sport e la cultura. Gli anni ’60 non cominciano nel modo giusto (il 17 febbraio il vecchio oratorio di  Via Sentii va a fuoco), ma il decennio nella sua globalità risulta essere più che 
positivo in quanto vengono costruiti il Parco delle Rimembranze (1961), la prima farmacia (1963), l’ambulatorio comunale (1965) e il nuovo oratorio maschile (1968). Inoltre, nel 1962, il paese può gioire per la storica mostra tenutasi a Varese fra il 14 luglio e il 14 ottobre incentrata su Pier Francesco Mazzucchelli detto “Il Morazzone”, il noto pittore seicentesco che più di ogni altro ha dato fama al nostro piccolo borgo. Rimanendo in ambito artistico, Morazzone ha ospitato nel 1976 la mostra temporanea dello scultore e pittore ligure Ferdinando Carotenuto, mentre per gli anni ’80 si segnala l’edificazione dell’oratorio femminile e il conseguente completamento del centro parrocchiale, intitolato alla Mater Ecclesiae e inaugurato il 18 aprile del 1982. L’ultimo evento di rilievo nella storia morazzonese risale al 2007, anno della visita della Madonna Pellegrina di Fatima: dal 24 giugno al 1 luglio, presso la chiesa di Sant’Ambrogio, è stata custodita la copia della statua del celebre santuario e la manifestazione, oltre ad aver richiamato un numero notevole di persone, ha costituito un’ulteriore testimonianza di quanto la fede sia qui fortemente radicata e in particolare il culto mariano, il quale affonda le sue origini nel Medioevo ed è sempre stato un trait-d ’union nelle varie epoche storiche.